Por Giulia Fiocca |
CRÍTICA URBANA N. 24 |
La partecipazione può essere intesa come un processo per attivare una diversa relazione con l’ambiente che ci insegni a convivere, anche nei contesti urbani, con la natura selvatica. L’occasione per stringere una nuova alleanza con l’ecosistema, fondata sul riconoscimento dei diritti della natura, da cui partire per ripensare le politiche urbane. L’esperienza romana del Lago Bullicante ex Snia vuole essere uno spunto per riflettere su alcuni possibili modi di farlo.
“Il 2 maggio 1922, in località Acqua Bulicante, fuori Porta Maggiore, fu posta la prima pietra di uno dei più grandi opifici d’Italia; il 5 settembre 1923, la sirena chiamava al lavoro 2500 operai e l’opificio tutto incominciava a funzionare. Così è nato lo stabilimento di Roma della Società Generale Italiana della Viscosa per la produzione della seta artificiale”[1].
Un intreccio unico tra storia naturale e storia umana
Sono passati cento anni e la storia di quella ‘località Acqua Bulicante’ nel quadrante est di Roma rappresenta oggi un intreccio unico tra storia naturale e storia umana. Un secolo fa era ancora tutta campagna, con l’apertura della fabbrica Cisa Viscosa ha inizio una rapida espansione della città verso est. Un processo nel quale l’acqua gioca un ruolo sotterraneo e centrale: il sito viene scelto per la presenza del fosso della Maranella, perché l’acqua è necessaria nel ciclo di produzione della seta artificiale ed è sempre l’acqua di quel fosso che, emergendo con grande potenza, nel 1992 blocca un intervento di speculazione edilizia.
La fabbrica, sebbene abbia avuto un impatto inquinante e violento sul territorio, era un’industria ‘modello’ che nei suoi circa 14 ettari di estensione alloggiava non solo gli spazi di produzione ma anche quelli per la socialità, i dormitori e un asilo nido[2]. Dopo poco più di trent’anni d’attività, nel 1954, viene definitivamente chiusa trasformandosi da luogo intensamente produttivo e abitato a un sito abbandonato, dove la natura indisturbata ha riconquistato un territorio in una nuova simbiosi con gli edifici della fabbrica in rovina.
Nel 1990 una società di costruzioni compra l’intera area e inizia ad edificare un centro commerciale lì dove da piano regolatore non era permesso costruire. Nel realizzare i tre piani di parcheggi sotterranei con uno sbancamento di circa 10 metri, viene intercettata la falda acquifera profonda e l’intero quartiere si allaga. La conseguenza è la formazione di uno specchio d’acqua che, per poco meno di un ettaro, si estende attorno alla struttura in cemento armato in costruzione che rimane quindi incompiuta. Nasce così il lago ex-Snia rinominato collettivamente, nel 2019, lago Bullicante.
Negli anni, l’assenza di attività antropiche ha generato un ecosistema naturale attorno alla risorgiva in un quartiere ad alta densità abitativa, un rifugio per specie animali e vegetali che, indisturbate per decenni, si sono adattate a convivere con gli scarti e le rovine dell’umano. Così la natura lasciata agire ha dato vita ad un contesto di ‘nuovo selvatico urbano’[3]. Che siano siti ex industriali, agricoli o militari, cantieri non finiti, luoghi sfruttati, abbandonati, in attesa o di risulta, Roma ne è piena. Tra questi, il lago Bullicante è luogo emblematico, dove è stata la potenza dell’acqua, scatenata dalla violenza umana sull’ambiente ad originare un nuovo paesaggio urbano in evoluzione come risposta, spontanea ed efficace, della natura stessa alla perdita di biodiversità che stiamo vivendo. Contesti simili contribuiscono a determinare il carattere peculiare di Roma, in quanto città con “una forma di vita complessa, un ecosistema autopoietico, con una propria organizzazione emergente capace di evolvere spontaneamente e autorigenerarsi. Un sistema la cui storia naturale è data dal successo della relazione ecologica tra umano e non umano che fornisce un possibile schema di coevoluzione tra biologico e sociale, le cui possibilità e i cui limiti segnano le sue tante decadenze e rinascite, ecologicamente la sua resilienza, mitologicamente la sua eternità”[4].
Utopia concreta e autorganizzazione comunitaria
Se è vero che solo la mancanza della presenza umana ha reso possibile una dimensione di selvatico urbano, è anche vero che al carattere naturale emergente si affianca, in questo particolare caso, un carattere sociale determinante. Una comunità di persone si è ritrovata, è cresciuta, ha imparato e preso coscienza dell’importanza di questo luogo per il quartiere e per l’intera città, osservandolo, abitandolo, facendone esperienza diretta, difendendolo.
Sono più di trent’anni che la comunità autorganizzata porta avanti lotte per difendere il sito dell’ex fabbrica dalla speculazione edilizia affinché sia riscattato come patrimonio collettivo uno degli ultimi “vuoti in attesa” rimasti nel quartiere. Nel tempo le rivendicazioni si sono trasformate in una sempre maggiore consapevolezza del ruolo ecologico del luogo. Chi frequenta e difende il lago ha compreso il privilegio e l’opportunità di essere testimone e protagonista di un processo teso a ritrovare un contatto perduto con la natura, intuendo al contempo la responsabilità sociale, politica e culturale di farsi promotori di una nuova alleanza con essa.
Due visioni contrastanti di città si fronteggiano su questo territorio. Da una parte la proprietà privata che vuole edificare e far profitto. Dall’altra una collettività composta da un’alternarsi di tantissime persone, diverse per provenienza e interesse, che negli anni continua ad animare un dibattito pubblico per la costruzione di un’idea di città, attraverso proposte concrete sui possibili usi sociali degli spazi urbani abbandonati. In mezzo le istituzioni, prive di una politica chiara, oscillanti tra una complicità con la proprietà e la necessità di ottenere consenso sociale.
Le battaglie degli attivisti hanno portato all’esproprio di circa 3 ettari nel 2014 e al riconoscimento di Monumento Naturale, nel giugno del 2020, dell’area intorno al lago. Ma ancora 7 ettari, dove sono presenti le rovine di archeologia industriale e dove meravigliosamente flora e fauna hanno trovato casa, sono proprietà privata e non vincolati a Monumento Naturale, mentre le acque del lago non sono ancora state riconosciute, in quanto tali, dal Demanio dello Stato.
Il Forum Territoriale Permanente Parco delle Energie è il punto di incontro, a partire dal centro sociale eX-Snia e dal comitato di quartiere Pigneto Prenestino, delle diverse realtà sociali del quartiere e della città. Attraverso l’assemblea mensile, a cui partecipano abitanti, attivisti, ricercatori, artisti, amministratori locali, il Forum gestisce e si prende cura dell’intero Parco delle Energie, che al momento comprende l’area del lago Bullicante e il parco pubblico, riconosciuto nel 1997, dove si trova la Casa del Parco con la Sala Ovale per le attività comunitarie, l’archivio storico e la ludoteca[5].
Il Forum è un laboratorio di sperimentazione e incontro per elaborare strategie politiche e di confronto con l’amministrazione, azioni di lotta, creative e di vita collettiva. Al Forum si affiancano esperti e ricercatori, enti di ricerca e di formazione per studiare il sito, individuare risposte complesse ed adeguate rispetto al suo uso e alla sua tutela e istruire un progetto condiviso del divenire dell’area. Fondamentali sono state la mappatura di fauna e flora, gli studi sulle acque e il monitoraggio ambientale, oltre ad iniziative che mirano ad esplorare possibilità e limiti della relazione creativa che è possibile attivare con la natura, di vera e propria ‘educazione al selvatico urbano’. Appuntamenti di progettazione partecipata, assemblee, presìdi sotto i palazzi dell’istituzione, convegni e incontri di approfondimento con attivisti, esponenti politici e ricercatori anche internazionali, interventi di artisti, e naturalmente momenti di convivialità, sono le tante facce della pratica politica promossa dalla comunità del lago. Un aspetto importante è la formazione, reciproca e intergenerazionale, che avviene attraverso attività didattiche per le scuole e non solo, legate alla storia industriale e del quartiere e a tematiche naturalistiche. Vicino al lago c’è anche l’apiario che, oltre a raccontare del mondo delle api e produrre ottimo miele, è indicatore della salute dell’ecosistema.
La documentazione dell’intreccio tra storia naturale e storia antropica del luogo è curata e custodita dal Centro di Documentazione Maria Baccante – Archivio Storico della Viscosa che si compone di carte e documenti originali della fabbrica, sottratti all’abbandono dagli abitanti del quartiere a metà degli anni ’90. Il Centro di Documentazione sta diventando, attraverso un processo pubblico di condivisione di storie e documenti, un nodo importante nella costruzione della memoria collettiva di questa comunità urbana[6].
Quella del Forum è una lotta ancora in corso. Da una parte con le istituzioni affinché l’area ancora privata venga espropriata e riconosciuta interamente come Monumento Naturale. Dall’altra con la proprietà immobiliare sempre pronta a procedere con nuove azioni speculative. Nella primavera del 2021 il proprietario in poche settimane ha infatti sbancato ettari di vegetazione che in anni si era riprodotta indisturbata. Questa azione devastatrice nei confronti della flora e della fauna, con indirette ripercussioni sulla qualità dell’aria del quartiere, non è stata al momento riconosciuta come danno ambientale dalle istituzioni preposte, a dir loro “per mancanza di prove dei fatti e di competenze al riguardo”.
Il Forum ha ben chiaro il progetto urbano possibile per questo luogo. Il progetto è l’insieme di tutto ciò che già avviene, quello che in anni la natura ha ricostruito e quello che gli abitanti hanno attivato nel suo rispetto.
Convivere con i nuovi ecosistemi urbani
Luoghi unici, come il lago Bullicante, sopravvivono in città grazie alla loro invisibilità che li protegge da pianificazioni istituzionali tese ad addomesticare la natura, ma allo stesso tempo li rende estremamente fragili perché privi di vincoli, tutele e di attenzione sociale. Al lago Bullicante, è proprio la comunità, che cresce e si trasforma in continua relazione con il divenire del lago, a vigilare su un percorso che, paradossalmente, potrebbe innescare un processo di gentrificazione ambientale per la crescente visibilità e dominio pubblico che il luogo sta acquisendo. La comunità, muovendosi sul delicato crinale tra l’autogestione e la tutela istituzionale, elabora forme di collaborazione per la gestione dell’intera area che garantiscano autonomia e riconoscano il valore delle esperienze fin qui condotte.
Il lago diviene così paradigma di una nuova attitudine ambientale e sociale, che si fonda sul riconoscimento del processo spontaneo di rigenerazione naturale quanto comunitario. Un approccio che si sta consolidando in altre città europee che attribuisce valore ecologico, culturale, sociale ed economico ai boschi urbani spontanei come infrastrutture verdi nella pianificazione urbana[7].
Le grandi battaglie ambientali e sociali degli anni ’70 del secolo scorso sono state un antecedente fondamentale per questo approccio. A Roma hanno permesso la difesa di aree verdi, sottratte alla speculazione e riconosciute come i maggiori parchi pubblici della città. Parchi che, nonostante la continua e intensa speculazione, contribuiscono ancora oggi a fare di questa città, per estensione del territorio comunale, la più verde d’Europa.
L’attivismo ambientale è attualmente in una nuova fase di consapevolezza: alla tutela del verde per una fruizione pubblica si accompagna una diversa relazione con la natura. Non più un potere umano sul non umano, ma un’alleanza con l’ecosistema naturale attraverso pratiche di ecologismo radicale: il lago e l’intero ecosistema che intorno si è generato sono parte della comunità che li difende e insieme si evolvono.
Per comprendere e definire questo necessario cambio di paradigma ci possono venire incontro le esperienze del sud del mondo. L’Ecuador è stata la prima nazione a riconoscere i diritti della natura nella sua Costituzione del 2008. Il fiume Whanganui, sacro ai Maori in Nuova Zelanda, nel 2017 dopo una battaglia lunga 170 anni, è il primo corso d’acqua ad aver ottenuto personalità giuridica protetta da rappresentanti legali. Storie, entrambe, che ci insegnano come culture indigene e native abbiano promosso la tutela e il riconoscimento dei beni naturali come soggetti giuridici al pari di una persona. Seguendo allora questa strada potremmo tutelare nuovi ecosistemi urbani emergenti altrettanto importanti e ‘sacri’ per le comunità che li abitano?[8]. Forse questo potrebbe essere anche il cammino per compenetrare la cosmo visione indigena con i sostenitori della Earth Jurisprudence che “contestano l’approccio classico del diritto ambientale che protegge la natura solo quando la sua distruzione minaccia la sopravvivenza umana promuovendo invece un cambio di paradigma che affermi l’inviolabilità di Madre Terra”[9].
Tutto ciò ci fa intendere che anche nelle pieghe, spesso invisibili, di miti, storie e pratiche del nostro contesto culturale e del nostro quotidiano, possiamo rieducare il nostro sguardo e la nostra posizione per scrivere una nuova storia possibile, un nuovo patto con la natura. Anche dall’esperienza di un lago e della sua comunità possiamo imparare a interpretare il senso emergente dei luoghi per cercare le necessarie risposte alle urgenti questioni che la crisi ambientale, oggi più che mai ci impone di affrontare.
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Notas
[1] Gino Nerbini, Industrie romane, in “Capitolium”, I, 1925, 3, (pp. 160-165)
[2] Per la storia della fabbrica si veda il sito archivioviscosa.org/la-fabbrica/
[3] Ingo Kowarik, 2005, Wild urban woodlands: Towards a conceptual framework in Wild Urban Woodlands, ed. I. Kowarik, and S. Körner. (pp. 1–32) New perspectives for urban forestry. Berlin, Springer.
[4] Lorenzo Romito, Ipotesi: Roma città vivente in Rome in Benincasa F., de Finis G. (a cura), Nome plurale di città #2, Bordeaux ed., 2021
[5] Il Forum – costituito nel 2008 per gestire uno spazio comune, il Quadrato, secondo i principi del Manifesto culturale- è stato riconosciuto dal Consiglio del IV Municipio nel 2010 con una delibera che definisce il Parco delle Energie «un luogo sottratto dai cittadini alla speculazione edilizia»
[6] Per la cronistoria del luogo: https://lagoexsnia.wordpress.com/cronistoria-della-lotta/
[7] Trentanovi G., Campagnaro T., Kowarik I., Munafò M., Semenzato P., & Sitzia T., 2021, Integrating Spontaneous Urban Woodlands Into the Green Infrastructure: Unexploited Opportunities for Urban Regeneration, Land Use Policy, (102,elsevier.com/locate/landusepol)
[8]A riguardo il progetto di A4C (Rosa Jijon e Francesco Martone) per la Biennale di Sidney, 2022: voicesofrivers.net/
[9] Alessandra Viola, Flower Power, le piante e i loro diritti, Giulio Einaudi editore, Torino, 2020
Nota sugli autori
Giulia Fiocca. Architetta, ricercatrice indipendente, attivista, si occupa di trasformazioni urbane e sociali, comunità marginali, spazi abbandonati, pratiche di autorganizzazione sociali e culturali, dal 2006 con Stalker a Roma.
Para citar este artículo:
Giulia Fiocca. Dove la natura si riprende i suoi diritti. Lago Bullicante ex Snia, Roma. Crítica Urbana. Revista de Estudios Urbanos y Territoriales, Vol. 5 núm. 24 Participación: mito o realidad. A Coruña: Crítica Urbana, junio 2022.