Por Alessandra Caputi y Anna Fava|
CRÍTICA URBANA N.9
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A Napoli esiste un grande patrimonio di verde pubblico nel cuore della città. Nonostante i danni provocati dalla speculazione edilizia nel secondo dopoguerra, il verde urbano rappresenta ancora un decimo della superficie comunale. Aree agricole, boschi, parchi pubblici, colline ricoperte di macchia mediterranea e valloni, ricoprono il territorio a macchia di leopardo.
Questi luoghi, di straordinario valore paesaggistico, storico e botanico, hanno contribuito a rendere celebre il paesaggio napoletano nel corso dei secoli. Fino alla prima metà del Novecento, il centro storico è stato circondato da una costellazione di borghi e da una campagna fertilissima, che abbracciava a perdita d’occhio le colline circostanti e digradava fino al mare. Durante il Fascismo, alcuni di questi borghi[1] furono annessi al Comune di Napoli, avviando il processo di urbanizzazione. All’indomani del conflitto bellico, la speculazione edilizia esplose, deturpando per sempre il profilo armonioso delle colline.
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Il valore paesistico dello Scudillo
Tra il 1939 e il 2004 furono approvati tre piani regolatori[2] Il primo, del 1939, prevede la conservazione di un grande polmone verde e una serie di passeggiate panoramiche intorno alle colline del Vomero, di Posillipo e di Capodimonte. Dopo la guerra, però, il piano è falsificato in modo da rendere edificabili le aree agricole. Il secondo piano, del 1972, mette in salvo il centro storico e alcune aree verdi ancora inedificate. Il terzo, del 2004 e tuttora vigente, tutela in modo particolare il verde pubblico e prevede, per la prima volta, un “consumo di suolo zero”. Partendo dal presupposto che «il complessivo sistema degli spazi verdi costituisce con i centri storici il territorio più pregiato della città»[3], pianifica «un unico sistema di spazi verdi». La valorizzazione dell’agricoltura e la tutela del «verde frammentario e diffuso del centro storico» (chiostri, giardini, orti) sono punti fondamentali del piano. La tutela è estesa anche alle aree dei versanti collinari, ai valloni dei boschi e alle aree agricole di pendice, le quali assolvono «il compito di aree cuscinetto» e rappresentano un «anello di congiunzione, da un punto di vista ecologico, tra l’arcipelago delle unità di spazio aperto del centro storico e il ‘continente’ del verde collinare»[4]. Nel piano sono individuati sei parchi verdi, tra cui il Vallone dello Scudillo. Questo viene riconosciuto per il suo pregio paesaggistico e per la funzione di «cerniera naturale al servizio dei quartieri di Arenella, Stella, San Carlo, Avvocata»[5]. Lo Scudillo, infatti, è situato tra il centro storico e i quartieri moderni collinari: confina con il Rione Sanità, la collina di Capodimonte e i Colli Aminei. Comprende un bosco di castagni, alcune aree terrazzate coltivate e numerose cavità di tufo. Per le sue qualità ambientali, il vallone è destinato dal piano a «Parco di quartiere a prevalente funzione agri-boschiva»[6], mentre per le cavità di tufo il piano dispone il «risanamento ambientale».
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I pericoli che incombono sullo Scudillo oggi: un progetto anacronistico
Oggi, nonostante i vincoli, l’area dello Scudillo è in pericolo. Da alcuni mesi è apparso un progetto sulla costruzione di un nuovo svincolo della tangenziale al Rione Sanità proprio attraverso il Vallone dello Scudillo. Il progetto comprende anche la realizzazione di un mega-parcheggio per 2000 posti auto nelle ex cave di tufo situate tra lo Scudillo e le Catacombe di San Gennaro.
Il progetto ha immediatamente sollevato un coro di critiche da parte di autorevoli urbanisti e associazioni ambientaliste che hanno denunciato l’impatto ambientale dello svincolo e del parcheggio, la mancata soluzione del problema della mobilità urbana, i vincoli posti dal piano regolatore.
Nonostante l’acceso dibattito in città, il 16 luglio 2019 è stato approvato uno studio di fattibilità, per un importo pari a 500.000 euro, destinato allo “Svincolo tangenziale area San Gennaro dei Poveri e Scudillo”. Di fronte alle proteste, le istituzioni hanno dichiarato che il documento conteneva un errore e che nella versione definitiva il nome del progetto era stato modificato in “Realizzazione di un progetto per la mobilità sostenibile nelle aree dello Scudillo e di San Gennaro dei Poveri”. Questo finanziamento rientra nel “Contratto Istituzionale di Sviluppo – Centro storico di Napoli”, un accordo, sottoscritto dal sindaco di Napoli Luigi De Magistris, dal ministro per i Beni culturali Alberto Bonisoli e dal ministro per il Sud Barbara Lezzi, che destina 90 milioni di euro alla riqualificazione del centro storico. In particolare, quasi 40 milioni di euro sono destinati al Rione Sanità per la riqualificazione di strade e piazze e per il restauro di alcuni edifici storici.
Negli ultimi anni il Rione Sanità ha conosciuto uno sviluppo turistico e mediatico senza precedenti. Concerti, notti bianche, set cinematografici hanno ridato al quartiere un’immagine diversa da quella del degrado sociale e degli agguati di camorra. I turisti hanno iniziato ad addentrarsi tra i vicoli del Rione, ricchi di storia e di cultura, come mai era accaduto prima, guidati dalle associazioni del quartiere. Decine di giovani hanno trovato un’opportunità lavorativa in un quartiere che prima non offriva prospettive. Le Catacombe di San Gennaro, un complesso di aree cimiteriali sotterranee del II sec. d. C., sono uno dei siti più visitati. Esse sono gestite dalla Fondazione San Gennaro. La Fondazione chiede da tempo la costruzione di uno svincolo, di un parcheggio e di un ascensore per poter collegare meglio il sito al resto della città e renderlo più fruibile ai visitatori. Un’esigenza soggettiva comprensibile che, tuttavia, mal si concilia con il contesto urbano e ambientale. In un recente incontro pubblico, il tecnico della Fondazione, Francesco Romano, ha illustrato il progetto che prevede la realizzazione di nuove strade, gallerie e parcheggi nell’area dello Scudillo. Quello della Fondazione non è l’unico progetto che interessa lo Scudillo. A gennaio scorso, la Fondazione ha organizzato un convegno sulla rigenerazione urbana del Rione Sanità intitolato “Sinergie per la città collinare”, a cui hanno partecipato alcuni tra i principali esponenti istituzionali di Municipalità, Comune, Regione e Stato, rappresentanti del mondo accademico e delle associazioni. Durante il convegno, il professore Pasquale Miano del Dipartimento di Architettura dell’Università di Napoli “Federico II” (DIARC) ha illustrato un masterplan[7] in cui si distinguevano ben tre nuovi svincoli della tangenziale nell’area dello Scudillo. Miano è anche tra i vincitori di un recente bando per la realizzazione della nuova uscita della metropolitana al Rione Sanità, insieme all’associazione “Giovani architetti per la Sanità” e a “Tecnosistem S.p.A.”, la più grande società di ingegneria del Mezzogiorno. Sul sito di Tecnosistem si trova un paragrafo dal titolo “Tecnosistem e Federico II: progetti per ripensare la città”[8], che riguarda proprio lo Scudillo. Tecnosistem e DIARC, infatti, hanno siglato una convenzione «finalizzata allo sviluppo di progetti per la mobilità sostenibile e la rigenerazione urbana della città di Napoli». La sinergia con la Fondazione è ben leggibile nella premessa: «negli ultimi sette anni Napoli ha visto crescere il proprio flusso turistico da 400mila a 9 milioni di visitatori, e anche realtà fino a poco tempo fa completamente fuori dai circuiti come le Catacombe di San Gennaro sono passate da poco più di 4mila agli attuali 120mila visitatori all’anno». Questo incremento necessiterebbe di «trasformazioni strutturali» e di «un ripensamento di snodi, arterie, collegamenti, infrastrutture (…)». L’obiettivo è quello di evitare la «saturazione del centro storico» dando nuovi sbocchi ai flussi turistici. Tra le ipotesi, «un nuovo svincolo della tangenziale di Napoli nell’area intorno alla Salita Scudillo, nel quartiere Sanità» e «un ascensore a impatto sostenibile». Appare chiaro un cambio di finalità: dalla tutela del verde pubblico, all’incremento della mobilità privata e dei flussi turistici.
Questi progetti, oltre ad essere anacronistici, sono inattuabili alla luce delle norme urbanistiche vigenti. L’articolo 162 del piano, infatti, prevede per lo Scudillo la creazione di un «parco pubblico a funzione agri-boschiva», il «risanamento ambientale dell’area», la «conservazione dell’agricoltura esistente», il «recupero ambientale» delle ex cave di tufo e il «ripristino della rete dei sentieri e dei percorsi storici» per facilitare l’accesso al parco. Una visione lungimirante che ieri guardava alla tutela del paesaggio e che oggi, in piena crisi climatica, andrebbe attuata anche nell’ottica di contenere l’aumento delle temperature globali.
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Un progetto nato vecchio: lo svincolo progettato negli anni Sessanta
Alla fine degli anni Sessanta, la costruzione della Tangenziale di Napoli rischiava di distruggere lo Scudillo. Nata allo scopo di migliorare il collegamento con la grande viabilità nazionale, la Tangenziale viene realizzata a partire dal 1968 con capitale interamente privato da Infrasud S.p.A., attraverso una variante al piano regolatore. Si tratta della più grande opera pubblica realizzata a Napoli nel Secondo dopoguerra: il tracciato ha una lunghezza complessiva di venti chilometri e comprende quattro gallerie, sedici viadotti, otto uscite con altrettanti svincoli. Alcuni svincoli previsti nel progetto, però, destano l’opposizione del fronte ambientalista. In particolare, lo svincolo previsto allo Scudillo viene combattuto dall’associazione Italia Nostra e dal Comitato per la difesa ambientale del Mezzogiorno. In un comunicato-stampa del 1968, intitolato L’ultimo verde di Napoli minacciato da un irrazionale raccordo autostradale, si legge: «contrariamente a quanto previsto in un primo progetto di massima, lo svincolo Capodimonte (…) va a capitare in località Scudillo, sopra le due ville Janni e Fiorita, che al pregio delle architetture e alla ricchezza di memorie storiche accompagnano la consistenza di verde, con abbondanza di essenze rare e secolari, dei loro parchi, e che contribuiscono a configurare l’ultimo residuo paesistico di Capodimonte»[9]. Antonio Cederna, figura di spicco dell’ambientalismo italiano, denuncia in un articolo «la devastazione di ampie zone ancora verdi, qual è la conca dello Scudillo a valle di Capodimonte, che verrebbe asfaltata e cementificata, con la semi-distruzione dei grandiosi parchi esistenti»[10]. Anche l’archeologo Cesare Brandi difende lo Scudillo, definendolo «l’ultimo nucleo ancora intatto di quello che fu il grande patrimonio arboreo di Napoli»[11]. Ancora, in una lettera indirizzata alla Soprintendenza da Alda Croce, si legge: «queste associazioni negli ultimi anni hanno avuto più volte occasione di intervenire, offrendo la loro collaborazione, in difesa dell’ambiente paesistico e storico della collina di Capodimonte particolarmente nella zona dello Scudillo». Antonio Iannello, presidente di Italia Nostra, si pronuncia anche sulla mobilità: «Le soluzioni proposte in passato come strade e svincoli sopraelevati, o i più recenti progetti di parcheggi sotterranei nel centro della città e di fantasiose arterie sotterranee, se erano discutibili allora (in quanto privilegiando il mezzo privato, aumentavano in definitiva la congestione del traffico), appaiono oggi improponibili e definitivamente superate dalla nuova realtà, che non lascia dubbi sulla necessità di affidare al mezzo di trasporto pubblico la soluzione del problema della circolazione»[12]. La battaglia per la salvaguardia dello Scudillo in quell’occasione ebbe un lieto fine. Il Consiglio superiore dei lavori pubblici salvò «il pregevole ambiente paesistico e storico dello Scudillo»[13].
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Conclusioni
In un momento storico in cui è necessaria una rivoluzione ambientale che vada dalla riduzione del trasporto privato all’ampliamento del verde pubblico, appare anacronistica l’idea di costruire nuovi svincoli in città. In queste settimane il Comune di Napoli sta lavorando alla redazione del nuovo piano regolatore (PUC) per aggiornare quello del 2004. Ci auguriamo che il vincolo ambientale sullo Scudillo resti invariato e che il Comune metta in campo tutte le azioni necessarie a realizzare un vero progetto di mobilità sostenibile, potenziando il trasporto pubblico. Napoli non chiede di essere ricoperta da altro cemento, anzi: ha bisogno della cura del verde pubblico più di qualsiasi altra città. Avere cura di un bene comune come lo Scudillo significa esserne custodi, con il compito e la responsabilità di tramandarlo, nella sua integrità, alle generazioni future, per la cui salvezza è necessario combattere.
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[1] Soccavo, Pianura, Secondigliano, Marianella, San Pietro a Patierno, Chiaiano, Miano, Ponticelli, Barra, San Giovanni a Teduccio, furono annessi al Comune di Napoli tra il 1925 e il 1926.
[2] Cf. V. De Lucia, A. Iannello, L’urbanistica a Napoli dal dopoguerra a oggi: note e documenti, “Urbanistica”, 65 (luglio 1976). Il piano del 1946 non fu mai approvato, mentre quello del 1958 fu bocciato dal Consiglio superiore dei Lavori pubblici.
[3] Variante generale al PRG, Relazione, capitolo III, Le scelte a scala cittadina, pag. 177.
[4] Ivi, pag. 181.
[5] Ivi, pag. 198.
[6] Variante generale al PRG, Norme di attuazione, Parte III Discipline degli ambiti e altre specificazioni, art. 162. http://www.comune.napoli.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/1044.
[7] Il masterplan esposto e illustrato durante il convegno “Sinergie per la città collinare” rientra nell’ambito di un Progetto di Rilevante Interesse Nazionale (PRIN 2015) dal titolo La città come cura e la cura della città, di cui il prof. Miano è il responsabile scientifico.
[8] http://www.tecnosistemspa.com/en/news.php?liv1en=54
[9] Italia Nostra, comunicato-stampa, 2 luglio 1968, Archivio “Antonio Iannello”, fald. 232, lett. A.
[10] A. Cederna, Napoli soffocata dal caos. Termiti al bordo dell’autostrada, “Corriere della Sera”, 26 ottobre 1968.
[11] C. Brandi, I vandali in Italia. Colpo di grazia a Napoli, “Corriere della Sera”, 31 agosto 1968.
[12] Antonio Iannello, comunicato-stampa di IN, 5 marzo 1974, Archivio “Antonio Iannello”, fald. 15, lett. G.
[13] Ibid.
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Nota sugli autori
Alessandra Caputi, laureata in Storia dell’ambiente, è stata borsista presso l’Istituto Italiano per gli Studi Storici, ha co-curato La lunga guerra per l’ambiente di Elena Croce; co-curatrice della collana “Pan – Paesaggio ambiente natura”; è membro dell’associazione ambientalista Italia Nostra e attivista della rete SET – South Europe facing Touristification.
Anna Fava, laureata in Filologia moderna, è stata borsista presso l’Istituto Italiano per gli Studi Filososfici, ha curato Costituzione di Salvatore Settis e ha co-curato La lunga guerra per l’ambiente di Elena Croce; dottoranda in Filologia moderna con un progetto di ricerca sul linguaggio dell’ambientalismo italiano; ambientalista, è membro dell’associazione Italia Nostra e attivista della rete SET – South Europe facing Touristification.
Para citar este artículo: Alessandra Caputi y Anna Fava. Il Vallone dello Scudillo. Un parco agricolo e boschivo nel cuore di Napoli da salvare. Crítica Urbana. Revista de Estudios Urbanos y Territoriales Vol.2 núm. 9 El paisaje. A Coruña: Crítica Urbana, noviembre 2019. |